A me, il Chianti non mi piace



A me ummipiace, un mi piace via.
Oh Babbo, un c'è nulla da fa, t'ho detto che un mi piace.


Quante volte mi son trovato a dire che una cosa non mi piaceva, così in modo superficiale, per impressioni irrazionali non dettate da una vera conoscenza. Capita un po' in tutti gli aspetti della vita. Ci creiamo pregiudizi inesistenti, e poi bisogna lavorare molto su se stessi per scardinarli. Mi è capitato spesso con la musica, con i viaggi. Mi è capitato anche col vino.

Per anni, non ho bevuto vini campani, specie i bianchi, perché puzzavano di piedi. Questo perché avendo bevuto un Greco di Tufo, avevo ravvisato una "puzzetta" che mi aveva infastidito. La cosa era poi stata confermata bevendo un rosso campano non meglio precisato (credo fosse Aglianico), in un locale di Milano a capodanno 2007, che aveva un sapore disgustoso di tappo. Insomma per anni i vini campani li ho visti con accezione negativa.


Un pregiudizio a mio avviso ben radicato riguarda il "Chianti".
Statistiche alla mano, pare che ci sia un calo del consumo di Chianti. 
Come mai? Non piace più. Ma quale? Ma come? Ma quale Chianti? Il Classico? Booh. Il Chianti è il Chianti. 

Ti senti dire: il Chianti, non mi piace. Non c'è scampo. Non mi piace.
Intendendo con tale denominazione genericissima non si sa bene cosa. Forse perché per anni c'è stata questa idea del chianti nel fiasco, come vino povero, grossolano, spigoloso per acidità e tannini. Non si sa. Forse perché il Chianti che viene bevuto in genere è quello della grande distribuzione che mediamente acquistiamo a 2/5 euro a bottiglia sugli scaffali dei supermercati. Quello che magari è imbottigliato a 100 km dalla zona del Chianti da qualche grossa azienda.


Non è tutto Chianti Classico quello che luccica


Forse anche perché non fa tanto figo. Il Chianti. Ah come sei scontato e retrò. Fa molto anni 80! Oggi si bevono cose molto più fighe. Magari un primitivo di Manduria, o un Cabernet, magari di Bolgheri. Lì sì che c'è il vino buono. Te lo vedi il fighetto in Corso Garibaldi a Milano che si prende un bicchiere di Chianti? Naaaa, ma sei fuoooriii?

O magari si arriva all'assurdo: il Chianti no non mi piace, preferisco un bel rosso di Montepulciano. Mi scuso io sono alle prime armi, con quale grande degustatore sto parlando?

Mi fa un po' lo stesso effetto che mi farebbe se sentissi qualcuno dire che non gli piacciono le donne svedesi, e allora si sposa con una danese.

Cioè non ti piace il Chianti. D'altronde, può piacere o non piacere, come direbbe l'esimio geometra Filini. Ma allora mi aspetterei che tu mi dicessi: prendo un Pinot Nero, un Syrah, un Frappato, un Mandrolisai, al limite, un Nebbiolo o un rossese di Dolceacqua, un Magliocco, un Gaglioppo, un Raboso. Ma non riuscirei mai ad aspettarmi che non piacendoti "il Chianti" tu ti prenda "il rosso di Montepulciano" così tanto imparentato.

Perché il Chianti e il rosso di Montepulciano hanno una base ampelografica comune, un clima simile, un terroir così simile. Non si sta parlando del sangiovese che viene prodotto sulle pendici dell'Etna con vigne ad alberello etneo.

Voi giustamente mi insegnate che il sangiovese di Gaiole non è proprio uguale a quello di Montespertoli o di Terricciola o di Montepulciano (a proposito nel disciplinare del chianti colline senesi è previsto pure che si produca il chianti a Montepulciano). Ora, per carità, c'è palato e palato e sicuramente ci sono tante persone assai più dotate di me, persone che fanno degustazioni alla cieca senza fare figurette,  persone che addirittura sapranno distinguere un rosso di Montepulciano prodotto da uve su collina da quello prodotto in pianura. E tra quelle di collina si distingueranno tra appezzamenti in cui si ha un'esposizione e terreno diversi da altri. Certo, tutto vero, ma si tratta di palati (e nasi) molto fini. E sinceramente stento a credere che chi parla genericamente di Chianti, o di rosso di Montepulciano senza citare una qualsivoglia cantina, abbia siffatte doti.

E allora tutto questo per dire che spesso ci facciamo guidare da pregiudizi e irrazionalità che  sono la tomba delle nostre esperienze. Ho scoperto recentemente invece (grazie al corso Sommelier) che è bello scoprire e assaggiare più possibile, senza pregiudizi. Vorrei assaggiare tutto subito. Ho già una lista pronta: Sforzato, Gattinara e Ghemme, e confrontarli col nebbiolo delle Langhe, o con un Donnas. Vorrei assaggiare un Torgiano, un Piedirosso, un Castel Del Monte bombino nero (ma si troverà?) e una Tintillia. Vorrei assaggiare un Lirac, un Rolle, un Nieluccio e uno Chassellas, uno Chateau Margaux e un Cava, uno Zinfandel e un icewine, senza pregiudizi, per curiosità. . E tanti e tanti altri.

Perché dietro ogni vino, c'è l'uomo, un territorio e il suo lavoro. E quello che mi sto bevendo è il frutto non solo della vite, ma della storia e del terroir. Come un viaggio, come una visita turistica. Troppo interessante e bella per perdersela per stupidi pregiudizi.

Voglio concludere citando un grande attore italiano che purtroppo non vediamo più da un pezzo ma che ci ha lasciato un'eredità straordinaria. Francesco Nuti, in Caruso Pascoski di padre polacco, diceva:

Edoardo ricorda che la vita è una pratica, assaggia, assaggia, tocca, tocca, bevi, bevi, ingoia, ingoia e vedrai che la tua intelligenza ti farà scoprire il tuo gusto personale.


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